Prova su strada della Triumph Tiger 1050 by TCP
Un vero test su strada non inizia nel momento in cui impugniamo il manubrio ed accendiamo il motore, inizia quando ci troviamo di fronte alla moto da provare,un istante prima di salire cercando di immaginare le sensazioni che di lì a pochi secondi quell’insieme di metallo, plastica e talvolta materiali pregiati sapranno trasmetterci una volta inserita la prima …Per me con la Tiger 1050 tutto questo è iniziato molto tempo prima, ero lì al salone di Milano a fine 2006 quando è stata presentata e già mi immaginavo a divorare tornante su tornante, spalancando il gas ad ogni uscita e mettendo alla prova il suo poderoso impianto frenante…
La Tiger è sul mercato ormai da qualche anno, ma la sua linea e i suoi contenuti tecnici restano assolutamente al passo coi tempi. Esteticamente è molto curata, piacevole e ben rifinita ed attira lo sguardo sia del motociclista smanettone dal polso snodato che del tourer macina chilometri.
Per testare al meglio questa moto che ammicca sia ai velocisti che ai passisti ho dovuto studiare un percorso che trovasse punti di incontro tra le due categorie ed ho portato a spasso la Tigre per l’appennino tosco emiliano in un giro costruito tra trasferimenti autostradali, statali e passi di montagna dove ho lasciato correre in piena libertà la belva. Il risultato è stato quello di stare per 13 ore in sella, spararsi ben 8 passi, per un totale di 708 km percorsi.
Aspettando il mio compagno di viaggio in una mattina di fine estate con il mare di Civitanova Marche proprio alle mie spalle e tanti km da fare, ho iniziato ad osservare la moto partendo dall’anteriore e da quelle bellissime pinze radiali Nissin a quattro pompanti verniciate in oro che lavorano su dischi freno da 320mm di diametro. I foderi della forcella upside down, anch’essi verniciati in oro, lavorano su steli da 43 mm di diametro e con 150mm di escursione, a differenza dei 170 mm del modello precedente con vocazione più off-road dell’attuale. E’ regolabile in compressione, estensione e precarico molla.
I cerchi in lega da 17” con cinque razze ad Y tinti di grigio chiaro, calzano coperture dalle misure sportive, con tanto di gommone da 180/55 al posteriore e danno un gran tocco di eleganza sposandosi bene con il telaio in nero opaco ed il motore anch’esso nero con i bulloni dei carter cromati. Quello che invece adoro oltre al desing del cupolino che ingloba due bei fari dallo sguardo felino è la sfuggente e corta coda che si staglia verso l’alto con un bel fanale a led dal disegno trapezoidale.
E’ ora di partire, indosso casco e guanti e do il “LA” al tre cilindri di 1050cc che suona perfettamente accordato e bilanciato al minimo sputando a freddo nuvolette di vapore acqueo dal grosso scarico in acciaio lucidato. Prima dentro e via fino al casello autostradale sgusciando nel traffico del sabato mattina con inaspettata disinvoltura, poi, dopo la corsia del Telepass tutto d’un fiato fino all’uscita di Cesena Nord. Inserisco tutte le marce fino alla sesta danco voce a quel gran propulsore che impressiona in quanto a fluidità e regolarità di erogazione, arrivati in sesta si apprezza la schiena del motore che con i suoi 10 kgm di coppia divora letteralmente il rapporto più lungo fino ad arrivare in men che non si dica molto al di sopra della velocità da codice.
In autostrada mi sono tenuto entro i limiti per verificare i consumi e al primo stop appena fuori Cesena con 180 km percorsi ho rabboccato poco più di 9 litri di benzina…ottimo per una moto di tale cubatura…La protezione aerodinamica è buona anche per me che sono alto un metro e ottanta ma soprattutto mi piace il fatto che il cupolino non spezza troppo il flusso dell’aria durante la marcia lasciando funzionare al meglio la presa d’aria posta sulla mentoniera del mio casco (Arai integrale), cosa che spesso non accade con altre moto dai plexiglas più protettivi che soffocano letteralmente il flusso d‘aria che investe il pilota.
Lasciata l’autostrada, è ora di toccare con mano le qualità sportive della moto prendendo la via per il Passo della Calla. Il primo passo della giornata. Da Santa Sofia fino a Stia. Nella parte in salita di curve e controcurve, brucio in accelerazione il mio compagno di viaggio in un breve rettilineo per vedere di cos’è capace questa bella moto e se il nome che porta scritto sulle fiancate rispecchia le sue caratteristiche dinamiche. La prima manciata di gas in seconda in uscita di curva è esplosiva, il motore sbrana letteralmente il secondo rapporto facendo schizzare l’ago del contagiri verso il limitatore appena oltre i 10.000, passo al rapporto superiore ed inizio a danzare tra i tornanti, scegliendo se uscire in seconda o in terza, tanto il tre cilindri ti fa schizzare via veloce allo stesso modo, scegliendo a piacere se spigolare un po’ la curva o prenderla rotonda con una marcia in più per fare una bella piega con la moto volutamente, un pelo sovrasterzante….
L’agilità è sorprendente e si è sempre ben inseriti nel corpo macchina, le gambe sono piegate quanto basta e mai rannicchiate, questo farà piacere soprattutto ai motociclisti più alti di me. La schiena è dritta e le braccia ben distese con la posizione di guida che tende a caricare l’anteriore senza affaticare minimamente il pilota. Sui fondi sconnessi come l’asfalto rovinato degli ultimi km del Passo della Calla, nei pressi del valico, la taratura standard delle sospensioni, molto morbida è sicuramente d’aiuto ma se si forza un po’ su strade lisce o con un po’ d’avvallamenti vien voglia di mettere mano al setup e così ho fatto raggiunta Stia, mentre aspettavo chi mi seguiva arrancando.
Ho scelto un setup che è una via di mezzo tra lo standard e il massimo ottenibile aumentando di una tacca su due disponibili il precarico e di mezzo giro compressione ed estensione all’anteriore. Al posteriore ho dato mezzo giro alla compressione e dieci “click” su sedici disponibili al mono. Fatta questa semplice operazione, servono infatti solo un giravite a taglio ed una chiave inglese (e di quale altra nazionalità se non inglese???) da 22mm, mi sono diretto verso il Valico di Croce Mori a metà strada tra Arezzo e Firenze.
I freni rispondono bene anche pinzando forte prima dei tornanti in discesa, con il disco posteriore da 255 mm che fa anch’esso bene il suo dovere e si procede tra una curva e l’altra godendo dell’agilità della moto sfruttando la coppia più che la potenza del tre cilindri. Guidarla ad un passo spedito senza tirarla al limite è un vero spasso e non ci si stanca affatto anche muovendosi sulla sella e gettandosi un po’ fuori col corpo in curva per farla scendere in piega. Se si cerca di tenere il passo delle supersportive c’è da adottare una guida un po’ più tecnica spostando i pesi e spingendo sulle pedane in percorrenza, divertendosi anche a fare qualche ingresso di traverso per vedere come si comporta la ciclistica, che rimane sempre precisa e reattiva.
Le ho chiesto un po’ di prestazioni extra sul Passo della Colla e sul Passo del Muraglione dove è d’obbligo dare un filo di gas più del normale per regalarsi un bel sorriso sotto la visiera. Mentre ci apprestavamo a percorrere gli ultimi due passi, Consuma e Mandrioli, purtroppo quel giorno molto trafficati, ho testato per bene le eccellenti doti di ripresa della moto superando macchine a ripetizione e le soste ai bar dei passi sono state inevitabili per prendere una boccata d’ossigeno ed annotare i commenti positivi degli altri biker nei confronti della Tiger. Nel frattempo ho imparato a giocare col cruscotto multifunzione.
Protagonista è il contagiri analogico con lancetta rossa su sfondo nero, con all’interno il display del contachilometri, ben leggibile ma dai numeri un po’ piccoli. Basta solo farci l’abitudine. Alla sua sinistra un altro display contiene le informazioni della temperatura del liquido refrigerante e livello benzina. Si possono scegliere poi diverse schermate con consumo istantaneo, consumo medio, orario, velocità massima raggiunta dall’ultimo reset e tempo di funzionamento della moto sempre dall’ultimo reset. Tutte informazioni molto complete ed esaurienti. Avrei però voluto avere la temperatura atmosferica, un piccolo vezzo di derivazione automobilistica a cui mi sono abituato, così come le quattro frecce, sono utili specie in autostrada ma non ci sono a differenza di ormai tutte le concorrenti.
Durante le soste ne ho approfittato anche per socializzare con un gruppo di Tigeristi tedeschi che appena arrivato mi hanno chiamato: “Hey Tiger!!” e abbiamo discusso delle doti di questa stupenda moto in un linguaggio misto tra inglese, italiano e tedesco incomprensibile ai più che però mi ha dato la conferma delle vibrazioni positive che mi aveva trasmesso la Tigre, vibrazioni solo emotive perché la belva è cattiva ma non ti vibromassaggia come un paio di sue rivali sul mercato….senza fare nomi….il vibromassaggio non è compreso tra gli optional Triumph. Speriamo continuino così!
L’ultimo tragitto in autostrada l’ho percorso prima col sole che andava a calare e poi di notte. La strumentazione è ben visibile anche con il buio e il fascio di luce del faro è abbastanza buono anche se non eccelle per gli anabbaglianti, mentre le luci abbaglianti sono ottime ed arrivano molto in profondità. Dopo tredici ore di guida ho trovato solo dei piccoli appunti alla moto che si rivela così praticamente perfetta per i viaggiatori come per gli smanettoni.
Dopo un viaggio così impegnativo avrei voluto avere tra gli optional originali di mamma Triumph, oltre al cavalletto centrale e alle pellicole protettive per i fianchi del serbatoio anche la sella in gel perché se l’originale è molto buona un po’ di cura in più per il nostro fondoschiena non guasta dopo una così lunga giornata!!!
Mauro “CoB” Balboni, per Triumphchepassione – TCP
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